Ogni uomo è convinto di essere speciale

di Gaia Lucrezia Russo I F

Ogni uomo è convinto di essere speciale, inimitabile; chi per cultura, chi per ignoranza, chi per superficialità e chi per minuziosità.

Tutti, nessuno escluso, almeno una volta si sono ritenuti unici al mondo. Non si sta parlando di un’unicità basata sui tratti somatici o sulla pigmentazione della pelle, ma sull’essere individuo che si differenzia dagli altri nei comportamenti e nel pensiero.

Invece no. Siamo tutti uguali, e non nel senso che ad ognuno spettano eguali diritti, s’intende proprio che la società non ci vede come individui, ma come classi, gruppi, clan. Alla filosofia di identificarsi in una classe sociale non si può sfuggire, coloro che la rinnegano faranno parte del gruppo di chi non vuol far parte di alcun gruppo. La divisione in ranghi, nata per poter facilitare le scelte da intraprendere in una società, col tempo ha allontanato il cittadino dalla sua coscienza d’individuo e perché egli possa essere rispettato come uomo deve sperare di far parte della giusta classe sociale. All’interno di una società anche coloro che non ne fanno parte vengono etichettati: “i diversi”. A sua volta il diverso viene riconosciuto come l’ignoto e ciò che non si conosce in questa realtà diviene, infine: “il nemico”.

Chi è il “nemico” dei giorni nostri? Di certo oggi come oggi il nemico non è il rischio di perdere il valore della propria umanità, bensì l’immigrato.

Non importa se si parli di clandestini, migranti economici o profughi di guerra; se è diverso da noi si deve temere. Alla parola migrazione, fenomeno presente da sempre nella storia dell’essere umano, da solo una decina d’anni è stata preposta da tutti i media la parola “emergenza”. Dicesi emergenza fatto da risolvere con tempestività, certo è un po’ contraddittorio dire “emergenza migrazione” per dieci anni di seguito, ma a quanto pare per l’Italia dieci anni non sono nulla.

All’interno della società vi è anche il gruppo di coloro che si occupano di risolvere la questione immigrati.

Sabato 2 dicembre di quest’anno un’associazione chiamata “Officine gomitoli” ha tenuto un incontro per chiarire l’argomento immigrazione. L’associazione ha invitato studenti (liceali e universitari) e nomi noti impegnati nel sociale nella sua sede ( ex lanificio nei pressi di Porta Capuana ) per una discussione aperta in merito alla questione. Attaccati sulle pareti dell’ex lanificio vi erano stampe delle vignette satiriche di Tullio Altan, sempre attinenti all’argomento immigrazione, e i liceali hanno mostrato lavori al computer che servivano come spunto per aprire un dibattito in merito. Gli esperti, che ha ospitato l’associazione, sono: Aldo Bonomi- sociologo/direttore del Consorzio AAster, Mariagrazia Giannichedda- sociologa/presidente della fondazione Franco Basaglia, Carlo Borgomeo- presidente della fondazione “CON IL SUD”, Stefania Mancini- consigliere delegato della fondazione Charlemagne, Domenico Ciruzzi- avvocato/presidente del Premio Napoli e Alfredo Guardiano- giudice/segretario dell’associazione Astrea. Durante l’incontro sono stati mossi dei suggerimenti riguardo l’aiuto che il paese ospitante potrebbe dare all’immigrato, come: apportare delle modifiche alle leggi che lo tutelano e coinvolgerlo in prima persona nelle iniziative utili al suo inserimento.

Il confronto ha permesso di far luce sui timori concreti di chi non si mostra ospitale nei confronti del migrante, ad esempio in ambito lavorativo le piccole e medie imprese temono che gli immigrati, una volta acquisito il capitale e il Know How al ritorno nel loro paese, possano fargli concorrenza con prodotti a basso costo.

Gli studenti del Liceo A. Pansini hanno approcciato l’argomento dal punto di vista letterario ed artistico. La classe VF ha commentato il romanzo di formazione “Vai e vivrai” di Alain Dugrand e Radu Mihaileanu, soffermandosi particolarmente sul disagio del giovane protagonista che per sopravvivere deve rinnegare le sue origini, sua madre e la sua religione.

Gli studenti della I F hanno presentato le foto di Sebastião Salgado, dense di emozioni che descrivono uomini e donne di paesi lontani e travagliati dalla fame e dalla povertà,  inoltre hanno letto la poesia di Edmondo De Amicis “Gli emigranti”, sconvolgendo il pubblico il quale si era dimenticato della storia, il quale aveva dimenticato che una volta era il popolo italiano a migrare. La giornata è stata importante per comprendere che quella lontananza che si percepiva dai luoghi e dalle persone fotografate da Salgado non è mai stata poi così distante e che se si vuole essere rispettati come singoli, bisogna prima di tutto rimparare a trattare il prossimo con, l’ormai fuori moda, umanità.

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