Come Netflix riesce a rovinare un capolavoro: Death Note – Il quaderno della morte (A.Wingard, 2017)

di Riccardo Maiello (1A)

(breve nota a cura della Redazione: inauguriamo con questo contributo un’ulteriore sotto-rubrica de La Settima in Pillole e NoSpoiler, curata dal nostro Riccardo Maiello, detto il Rosso per la sua folta, abbondante e invidiabile chioma color ruggine, spietata penna critica con una particolare propensione per la stroncatura. Buona lettura a tutt* e un grazie a Riccardo che ci farà risparmiare tempo e delusioni…P.S.: l’avatar del Rosso è stato disegnato da Simone Cufino @sttd_art)

 

Death Note è un adattamento cinematografico del celebre manga giapponese omonimo, prodotto da Netflix. Purtroppo, il film è ben al di sotto delle aspettative e rappresenta una cocente delusione per gli appassionati della serie.

Il film presenta una trama estremamente semplificata e snaturata rispetto all’originale. Sono state eliminate molte delle sfumature e dei dettagli psicologici che rendevano il manga così affascinante; il risultato è una trama scontata e prevedibile che non riesce mai a coinvolgere lo spettatore. Anche il cast è estremamente deludente, nessuno tra gli attori sembra in grado di esprimere adeguatamente l’essenza dei personaggi, piatti e poco convincenti, superficiali e privi di sfumature, con un approccio manicheo al bene e al male che rende la trama poco credibile.
In particolare, il personaggio di Light Yagami, rinominato Light Turner, il protagonista della storia, sembra completamente diverso rispetto al suo originale di carta: nel film, Light sembra un adolescente ribelle e privo di scrupoli, mentre nel manga originale è un ragazzo molto intelligente, metodico e con un forte senso della giustizia. Anche il personaggio di L, il detective che cerca di scoprire l’identità di Kira, il soprannome con cui Light è conosciuto nel manga, sembra privo di molte delle sue caratteristiche peculiari: nel film ha un comportamento molto più impulsivo.

La relazione tra i due personaggi è molto meno profonda rispetto a quella del manga, nel quale Light e L si trovano in una sorta di “gioco del gatto e del topo” e agiscono all’insegna del rispetto e dell’ammirazione reciproci in una sfida intellettuale che tiene lo spettatore incollato alle pagine; nel film, questa tensione si perde completamente, così come la complessità e ambiguità della relazione tra i due.

Ryuk, lo shinigami che decide di lasciare che il death note venga raccolto da qualcuno sulla Terra, nel manga mantiene un atteggiamento neutrale e si limita a seguire la vicenda solo per divertirsi, senza intromettersi in alcun modo e a spiegare piuttosto sbrigativamente le regole del quaderno; lo script del film, invece, riduce Ryuk ad un villain che incoraggia Light a uccidere.

Anche dal punto di vista tecnico il film lascia a desiderare: regia piatta e poco ispirata, con sequenze d’azione confuse e poco coinvolgenti, una fotografia non all’altezza della storia che si propone di raccontare. Le scene sono spesso prive di atmosfera e poco curate nella scelta dei colori e delle luci; in particolare, il film sembra aver perso completamente quella tonalità cupa e inquietante che caratterizza l’originale. Le sequenze notturne appaiono troppo luminose e poco suggestive, mentre le ambientazioni e gli interni sono poco curate nella scelta dei dettagli. Per di più, la fotografia a rappresentare nel giusto modo il death note stesso, oggetto centrale della trama: mentre nel manga esso ha una presenza quasi tangibile, sullo schermo ha le sembianze di un semplice e comune quaderno, privo di qualunque fascino o mistero.

Il fumetto affronta tematiche complesse e profonde come la natura umana e il confine tra bene e male; il film si accontenta quasi esclusivamente di rappresentare sulla violenza e azione, senza mai approfondire veramente i temi centrali della storia. Ancora, la scelta di ambientare la storia negli Stati Uniti anziché in Giappone ha ulteriormente allontanato il film dalla sua fonte d’ispirazione originale, facendogli perdere le sfumature culturali che rendevano il manga così affascinante. E infine, ma non è cosa da poco, il finale è del tutto insoddisfacente, con molte questioni lasciate irrisolte e un senso di confusione generale. Si ha la sensazione che il film abbia cercato di fare troppo in poco tempo, sacrificando la coerenza e la profondità della trama per cercare di essere più spettacolare.

La sola lancia che si può spezzare è a favore della colonna sonora e degli effetti speciali: la prima è stata curata da Atticus e Leopold Ross, che hanno già collaborato in passato con registi del calibro di David Fincher e Peter Berg. La loro musica per Death Note è stata molto apprezzata dai critici e dagli appassionati, con una serie di tracce elettroniche che si adattano bene alla trama del film.  Per quanto riguarda gli effetti speciali, sono molto curati, in particolare per quanto riguarda le scene d’azione.

Qualunque tentativo di difendere questa pellicola è vano, Death Note è una delusione totale per chiunque abbia amato il manga originale: trama semplificata, attori poco convincenti e regia priva d’ispirazione rendono il film piatto e poco coinvolgente. Se i lettori di PausaCaffè cercano un adattamento fedele e coinvolgente del fumetto, questo film non fa per loro.

 

Death Note – Il quaderno della morte (Death Note)

Regia: Adam Wingard

Distribuzione: USA 2017 (col., 101 min.)

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