Negare la libertà per estirpare il male? Una riflessione tra cinema e filosofia – Minority Report (S.Spielberg, 2002)

del prof. Lucio Celot

Nel 2054 esiste la Polizia Precrimine: è possibile arrestare coloro che commetteranno un crimine prima che lo compiano realmente, grazie alla facoltà di tre mutanti, detti precog, che hanno la capacità di prevedere il futuro. Il capo dell’unità, John Anderton (Tom Cruise), un giorno viene indicato dai precog come futuro assassino di un individuo a lui sconosciuto. A questo punto, Anderton si trasforma da cacciatore in preda e dovrà combattere contro chi vuole incastrarlo, ma soprattutto contro se stesso, per non commettere l’omicidio a cui sembra predestinato.

Tratto da un racconto di P.K.Dick, il film è una riflessione sul problema filosoficamente rilevante del libero arbitrio. Qual è il nostro potere di autodeterminazione? Siamo davvero liberi di agire o siamo determinati dai fattori esterni alla nostra volontà (la natura, l’educazione, il patrimonio genetico, etc.)? I sostenitori del libero arbitrio nelle azioni umane sostengono che all’uomo è data la possibilità di dirigere totalmente la propria volontà, di agire indipendentemente dai condizionamenti esterni e, dunque, che i giudizi di tipo etico si fondano sulla libertà di scelta. 

Kant aveva affermato che oltre alle leggi deterministiche della natura esiste anche un’altra forma di causalità, che è quella della ragione pratica, la volontà libera, che ci permette di agire assumendoci la responsabilità di ciò che facciamo. Se non esistesse questo “comando” della ragione, non ci sarebbe differenza tra gli uomini e gli accadimenti naturali; prima di Kant, S.Agostino aveva abbandonato il Manicheismo perché l’esistenza di un principio metafisico del male deresponsabilizzerebbe l’uomo; e prima ancora di lui, Epicuro aveva introdotto nell’atomismo democriteo il concetto di clinamen per assicurare all’uomo un margine di indeterminazione naturale (e, quindi, di libertà).

Quando Anderton, durante la sua fuga, incontra la scienziata che ha scoperto le doti dei tre precog, assistiamo al seguente dialogo:

 

John: Io non commetterò un omicidio. Non conosco l’uomo che dovrei uccidere.

Dr.Hineman: Eppure è stato dato inizio a una serie di eventi che la condurrà inesorabilmente all’omicidio.

John: No, io eviterò quell’uomo!

Dr.Hineman: Come può evitare un uomo che non conosce?

 

La dottoressa Hineman dà voce alla posizione materialistico-determinista secondo cui, esistendo nell’universo esclusivamente materia in movimento, l’uomo è concepito come una macchina naturale, una sorta di automa pre-programmato, una “cosa” priva di libertà, di cui sarebbe possibile prevedere il comportamento se solo si conoscessero tutte le cause precedenti da cui la sua azione sarebbe determinata.

Le perplessità sollevate dall’agente federale Witwer (Colin Farrell), incaricato di indagare sugli eventuali difetti della procedura, sono le stesse sollevate dalla riflessione filosofica: l’immagine della biglia di legno, soggetta deterministicamente alla legge di gravità, porta ad una questione fondamentale: l’uomo è sottoposto alle leggi di natura anche nel momento della scelta? Ovvero, posto che il nostro corpo deve rispondere alle leggi fisiche dell’universo, siamo liberi, indipendenti e indeterminati nella nostra volontà?

Le predizioni dei precog sembrano negare la libertà umana: poiché un atto libero non può essere previsto con assoluta certezza, il fatto che sia possibile sapere in anticipo come agiremo implica necessariamente che non siamo liberi ma predeterminati. Anderton però scopre che, a volte, Agatha (una dei tre precog) ha una visione diversa da quella degli altri due: in questo caso, la polizia ottiene un rapporto di maggioranza (due previsioni) e un rapporto di minoranza (la previsione di Agatha). Quest’ultimo viene distrutto dalle autorità perché nessuno possa avere il minimo sospetto che sussista un disaccordo tra i precog.

Il rapporto di minoranza, dunque, introduce la possibilità di una previsione alternativa del futuro, quindi di un elemento di indeterminatezza nel comportamento degli uomini: la scelta e l’azione conseguente restano un limite invalicabile nella concatenazione causa-effetto, poiché all’uomo è data, fino all’ultimo, la possibilità di comportarsi diversamente da quanto previsto dalla prescienza dei tre mutanti. Purtroppo per Anderton, nel suo caso non esiste un rapporto di minoranza: Agatha gli conferma il suo delitto futuro, ma continua a ripetergli: Puoi scegliere!, cioè Puoi essere libero!

In un’intervista rilasciata dopo l’uscita del film Tom Cruise pronunciò queste parole: Non so se l’uomo comune ne è cosciente, ma ci stiamo già avviando verso una limitazione delle libertà individuali e un controllo costante dei movimenti delle persone. Dopo gli avvenimenti dell’11 settembre questo processo può solo accelerare e le domande che il film pone sono queste: a quanta libertà siamo disposti a rinunciare? E se affidiamo molto potere a un numero così limitato di persone, queste sapranno gestirlo in modo responsabile?

La Precrimine è metafora di un sistema di potere che vuole assicurarsi il controllo totale sulla vita degli uomini e per fare ciò non esita a restringere le loro libertà fondamentali e a violare i diritti civili, arrestandoli prima che compiano il delitto. Per riuscire a fare accettare alla maggioranza degli uomini questo clima di vero e proprio terrore, un sistema simile deve propagandare il pregiudizio che non esiste la libertà ma tutto è predeterminato e il futuro è già scritto e imporre alle coscienze l’idea che tutto questo avvenga a beneficio della nostra sicurezza. È, mutatis mutandis, il dilemma che abbiamo vissuto nei mesi del lockdown, quando la nostra libertà di circolazione ha subito pesanti limitazioni per evitare la diffusione del contagio; ed è lo stesso dilemma alla base della trama di A Clockwork Orange di A.Burgess, da cui Kubrick ha tratto Arancia Meccanica: e se cinquant’anni fa Kubrick aveva scelto il genere della sci-fi distopica per immaginare un mondo che allora appariva ancora lontano nel suo orrore, all’alba del terzo millennio il film di Spielberg ci sbatteva in faccia un futuro che oggi è già arrivato e che sembra avverare in tutto e per tutto le peggiori paure del visionario Philip Dick.

 

Minority Report (id.)

Regia: Steven Spielberg

Distribuzione: USA 2002 (col., 146 min.)

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