17 sillabe per fissare l’eterno nell’impermanenza del mondo: l’Haiku e la poesia giapponese

del prof. Lucio Celot

L’haiku è un breve componimento poetico, scandito in 5-7-5 sillabe, presente nella poesia giapponese fin dal suo nascere, anche se è a partire dal XVII secolo, con la figura di Bashō, che inizia la vera e propria fortuna di un genere che ha superato i confini del Sol Levante per essere apprezzato anche dai lettori occidentali. Non solo, ma la composizione di haiku è stata praticata da tutti i grandi poeti moderni, che ne hanno subìto il fascino seduttivo e la capacità di esprimere densità concettuale in poche sillabe.

La caratteristica prima dello haiku è la brevità unita ad una struttura rigorosa: tre versi costituiti da cinque, sette e ancora cinque sillabe (ovviamente, le traduzioni non sempre possono rispettare una scansione così precisa) secondo uno schema compositivo che può essere sia lineare e sequenziale (il primo verso introduce il tema, il secondo lo sviluppa, il terzo lo completa):

 

nella sera d’autunno

lungo questa strada

non un viaggiatore

(Bashō)

 

oppure di tipo dialettico (il verso iniziale enuncia un tema, il secondo ne introduce uno nuovo, il terzo li ricompone e concilia):

 

la baracca di un mendicante:

sopra si alza un aquilone

bellissimo

(I.Kobayashi)

 

L’haiku, che ad una prima lettura può apparire come la trasposizione estemporanea ed immediata di un’esperienza percettiva, è, invece, il prodotto di una rielaborazione e interiorizzazione della percezione di un dato concreto, colto nel suo darsi nel tempo; è il tentativo di fissare in un’immagine ciò che per sua natura è caratterizzato dall’impermanenza, dal “vuoto” di cui parla la filosofia zen, che dell’haiku è il riferimento culturale e filosofico privilegiato, insieme all’animismo dello shintoismo religioso.

Ogni esperienza del reale, anche quella apparentemente insignificante, è una “traccia” dell’assoluto, apre la via al mistero dell’esistenza:

 

nell’antico stagno

si tuffa una rana –

suono d’acqua

(Bashō):

 

nel celebre haiku di Bashō, la quiete dello stagno è rotta dal tuffo della rana, e questo movimento fugace è dato dal suono d’acqua dopo il quale tutto ritorna in uno stato di atemporalità, di assoluto silenzio. L’haiku è una sorta di “fermo immagine” di una realtà che è in continuo mutamento, i cui accadimenti, le “presenze” cristallizzate nel frammento poetico sono testimonianze di un assoluto a cui possiamo, forse, solo avvicinarci indefinitamente, senza poterlo mai del tutto circoscrivere:

 

abbagli di sole

sui panni di cotone stesi –

si innalzano cumuli di nubi

(M.Kyoroku)

 

Buddhismo, shintoismo, filosofia zen: le “vie” della sensibilità orientale sono accomunate dal medesimo sentimento dello scorrere del tempo, dell’impermanenza, del vuoto, cui corrisponde il sentimento di fondo che pervade questo genere di poesia, e cioè una malinconia venata di compassione per la caducità e transitorietà di tutte le creature non disgiunta dalla percezione della bellezza di questo stesso mondo sensibile.

La poesia è intesa non come perseguimento di un piacere estetico ma come un vero e proprio “esercizio spirituale”, un esercizio meditativo della coscienza, una sorta di tirocinio con cui affinare le nostre capacità percettive e avvicinarci alla “realtà ultima” attraverso la pratica della dialettica tra il provvisorio e l’assoluto:

 

né campi né monti

la neve ha coperto ogni cosa –

è il nulla

(J.Naitō)

 

L’antologia edita dalla Mondadori e curata da Elena Dal Pra ripercorre quasi tre secoli di storia dell’haiku attraverso una scelta delle opere dei quattro maggiori haijin (autori di haiku), Bashō, Buson, Issa e Shiki, e dei loro epigoni, fino alle soglie del XX secolo: un’eccellente occasione non solo per avvicinarci ad un mondo e ad una sensibilità decisamente “altra” rispetto al razionalismo e all’intellettualismo occidentali ma anche per mettere alla prova la nostra capacità di “guardare” al mondo provando a strapparne cristalli di bellezza dentro la sua inarrestabile fugacità.

 

silenzio –

penetra la pietra

il canto delle cicale

(Bashō)

 

AA.VV., Haiku. Il fiore della poesia giapponese da Bashō all’Ottocento, Mondadori 1998

 

Per saperne di più:

a cura di M.Yume, Haiku, Edizioni Dalla Costa 2012 (con un saggio introduttivo di Cristina Dalla Costa)

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