L’infamia e il terrore: quando gli USA aprirono i campi di concentramento – The Terror: Infamy (USA, 2019)

del prof. Lucio Celot

È un assunto base dell’antropologia: i nostri Dei, i nostri Spiriti, Angeli e Demoni, buoni o cattivi che siano, li portiamo sempre con noi, dovunque siamo e dovunque andiamo; ed Essi, come noi, mettono radici, si insediano, hanno bisogno di nuovi altari su cui essere venerati, cercano e, a volte, trovano nuova linfa da succhiare per riprodurre in ogni luogo il proprio Regno, camminare su nuove terre, allargare il proprio potere e la propria influenza, fasta o nefasta. Su questo assunto, giusto per ricordare un paio di titoli, Neil Gaiman ha costruito la trama del pirotecnico e surreale American Gods (2001, poi anche serie tv dal 2017 al 2021), dove si narra della guerra tra vecchi e nuovi Dei in America, e John Carpenter ha scritto e girato quel gioiello (incompreso) della sua filmografia che è Big Trouble in Chinatown (Grosso Guaio a Chinatown, 1986).

            Dopo la prima stagione di The Terror (qui la recensione di Pausa Caffè), ambientata tra i ghiacci e ispirata alla vera storia dell’Erebus, la nave di Sua Maestà Britannica alla ricerca del leggendario passaggio a nord-ovest, gli showrunners e i produttori della serie antologica, tra cui Ridley Scott, hanno guardato alla tradizione giapponese dei kwaidan, i racconti di fantasmi, per raccontare un duplice orrore, uno dell’immaginario, l’altro della Storia: l’Infamy del titolo, infatti, richiama da un lato l’onta e l’offesa per cui lo yūrei, il fantasma della giovane Yuko, perseguita Chester, il protagonista della storia; dall’altro, l’infamia è quella compiuta dall’amministrazione Roosevelt all’indomani dell’attacco giapponese a Pearl Harbor, quando più di centomila cittadini nippo-americani vennero deportati in veri e propri campi di concentramento nella zona orientale degli USA, sospettati di essere potenziali nemici e quinte colonne del nemico (James Ellroy, il cantore della controstoria americana, ha dedicato a questa pagina oscura il noir Perfidia, uscito nel 2014). Così, la famiglia Nakayama, radicata da due generazioni a Terminal Island, un’isola di pescatori a poca distanza da Los Angeles, si trova improvvisamente trasferita in quello che eufemisticamente viene chiamato “campo di ricollocamento” (di fatto, un vero e proprio lager, uno dei tanti che vennero istituiti e funzionarono tra il 1942 e il 1945 a seguito dell’ordine esecutivo 9066), dove decine di cittadini americani che hanno la “colpa” di essere originari del Sol Levante vengono trattati alla stregua di pericolosi nemici della patria. Chester, il figlio dei Nakayama, ha una relazione con Luz, emigrata messicana, che aspetta da lui un figlio: pur di non abbandonare l’uomo al suo destino, Luz accetta di seguirlo nel campo di detenzione. Qui avvengono strane morti per suicidio, tutte provocate da uno yūrei, uno spirito costretto a rimanere tra i vivi per pareggiare i conti con un torto subìto in vita, che sembra legato alla storia familiare dei Nakayama; Chester scoprirà l’oscuro segreto che lo riguarda solo attraversando il sottile confine che separa il mondo dei vivi da quello dei morti.

            Quella dei kwaidan è una tradizione orale e letteraria che in Giappone vanta una storia piuttosto lunga, dai Racconti di pioggia e luna di Ueda Akinari (1768) alle raccolte del naturalizzato Lafcadio Hearn (Ombre giapponesi, disponibile in italiano nell’edizione Adelphi) e alle loro trasposizioni sul grande schermo nei Racconti della luna pallida d’agosto di Kenij Mizoguchi (1953) e nel Kwaidan di Masaki Kobayashi (1964), fino alle recenti saghe cinematografiche che hanno rilanciato il cosiddetto j-horror (The Ring, Ju-On, The Grudge) con i suoi fantasmi femminili caratterizzati dai lunghi capelli neri e la veste bianca (come dimenticare Sadako/Samara che esce dal pozzo e dallo schermo della tv???).

Coglie nel segno la scelta di Infamy di ricollocare una storia di fantasmi del folklore all’interno di un più ampio e tangibile orrore, quello, poco conosciuto, dell’internamento dei cittadini di origine nipponica, improvvisamente diventati dei pericolosi “alieni”, privati di tutto, dalla casa ai diritti, oggetto di pulsioni razziste e xenofobe. Deportati illegalmente (un’ambigua sentenza della Corte Suprema del ’44 dichiarò “costituzionalmente sospetta” la decisione di Roosevelt ma la giustificò a causa delle “circostanze di pericolo e emergenza”), questi cittadini – americani a tutti gli effetti – vissero fino alla fine della guerra in un regime di reclusione e restrizione dei propri diritti in una decina di campi distribuiti nel territorio della California: ne sono testimonianza le fotografie di Dorothea Lange scattate nel campo di Manzanar, all’epoca censurate dai militari. Infamy tiene bene intrecciate le due vicende, quella di Chester e Luz (un giapponese e una messicana, dunque due “stranieri” secondo le categorie di pensiero in tempo di guerra) alle prese con un’entità che li perseguita anche quando riescono ad allontanarsi dal campo e quella della comunità nipponica che a fatica si ricostituisce nel limitato universo concentrazionario, con i suoi riti sociali e le superstizioni religiose, anch’essa perseguitata da un’entità altrettanto impalpabile, la Ragion di Stato, ma i cui effetti sono tragicamente concreti e luttuosi.

Oscillante tra la dimensione del sovrannaturale e quella della realtà storica, Infamy è un ibrido (period-horror drama) che si distingue per l’originalità della narrazione e una ricostruzione d’ambiente precisa e credibile che non stride con i passaggi “magici” della trama (un intero episodio, 2×06, si svolge nell’aldilà, dove Yuko costruisce per sé e le proprie vittime un mondo perfetto nella sua illusorietà) e fa i conti con l’attualità dell’America trumpiana, xenofoba e razzista, riportando alla luce l’ennesimo, vergognoso episodio di storia nazionale. E lo fa per il tramite dell’horror che, si sa, ha nel rimosso che torna la propria essenza profonda.

 

The Terror: Infamy (id.), USA 2019

The Terror, S02 (ep.1-10)

Distribuzione: Amazon Prime Video

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