Una storia senza tempo e senza età – Lolita (S.Kubrick, 1962)

di Maria Chiara Esposito (IA)

If it can be written, or thought, it can be filmed (Se può essere scritto, o pensato, può essere filmato): questa è la frase che ha ispirato il grande regista Stanley Kubrick a scrivere e dirigere alcuni dei più grandi capolavori nella storia del cinema: Spartacus (1960), Lolita (1962), Clockwork Orange (1971), Shining (1980), Full metal jacket (1987). 

Lolita nasce come romanzo, scritto dal russo Vladimir Vladimirovič Nabokov. Già si capisce dalle prime righe del romanzo e dai primi minuti del film che il protagonista è un uomo malato che nutre una morbosa attrazione per una ragazza in pre-adolescenza.

Volendo coltivare la sua vera passione, cioè la scrittura, il professor Humbert Humbert si trasferisce nella piccola città di Ramsdale. Affitta una stanza nella casa di Charlotte Haze; è qui che fa la conoscenza di Dolores, la figlia dodicenne della padrona. I suoi modi di fare da ribelle e maliziosamente spregiudicati ricordano al protagonista un vecchio amore d’infanzia: così, perde completamente la testa per la ragazza, nonostante la differenza di età. L’innamoramento si trasforma presto in un’ossessione erotica, di cui è ben consapevole la ragazza che lo saluta con un inaspettato bacio sulla bocca quando parte per la colonia estiva.

La mamma di Lolita, Charlotte trova il diario su cui il professore scrive tutti i suoi pensieri perversi sulla figlia e lo minaccia; in preda all’ira e allo shock corre sulla strada e viene investita. Dopo la morte della mamma della ragazzina, i due si mettono in viaggio, ache se Humbert riferisce a Lolita che la madre è in ospedale a causa di una malattia. L’uomo ottiene un lavoro in un college e iscrive Lolita in una scuola femminile. La ragazza chiede di poter frequentare un corso di teatro, dove il regista, un certo Quilty, resta colpito da lei. Ad un certo punto Dolores si ammala e Humbert è costretto a portarla in ospedale. Da qui, Lolita viene portata via da un uomo che dichiara di essere suo parente: si tratta in realtà di Quilty che ha costretto Dolores ad entrare nel mondo della pornografia; poco dopo Lolita si ritrova completamente sola per aver rifiutato l’offerta. Il professore, in preda alla rabbia, uccide Quilty e viene rinchiuso in prigione dove passerà il resto dei suoi giorni. 

Il protagonista è un personaggio sostanzialmente vuoto, alla costante ricerca di qualcosa di perduto nel tempo: l’amore inconcluso e sconfinato di quando era un ragazzino. Humbert è consapevole di essere nel torto, sa che tutto ciò che prova, pensa, fa è riprovevole. Ragiona lucidamente, è cosciente di quello che fa, ma nonostante ciò sa di non poter placare questi suoi inquietanti impulsi, questa sua fame di ninfette; è vittima di una passione così incontrollabile da annebbiargli la mente e spingerlo a compiere azioni del tutto irrazionali e scandalose agli occhi dei benpensanti.

Una delle scene più erotiche del film è quella in cui Lolita è distesa sul letto mentre Humbert parla con lei di fatti banali e intanto le mette lo smalto sulle unghie dei piedi: scena erotica nonostante l’unica nudità sia costituita dai piedi della ragazza. C’è da riflettere sull’arte di Kubrick, che riesce a vincere la sfida della rappresentazione di un erotismo solo evocato e non mostrato, a differenza di molti registi che preferiscono mostrare tutto senza riuscire a evocare nulla. 

È una storia scabrosa, per i sentimenti che racconta e per la vicenda stessa, dal momento che per vivere e consumare questo amore scabroso il professore compie gesti ben oltre i limiti della legalità e della morale degli anni Cinquanta e Sessanta. Ciò che ancora inquieta, nel capolavoro di Nabokov, è che questa storia apparentemente anomala è in realtà una normale storia d’amore: nelle società di ogni tempo ci sono sempre “famiglie perbene” che nascondono il desiderio di una propria Lolita.  

Kubrick, ancora una volta, tende ad andare a fondo della mente umana e ci trasmette emozioni forti e innominabili, buone o cattive che siano: l’amore di Humbert per Lolita conferisce alla storia un’etichetta di pedofilia difficilmente negabile, ma Kubrick riesce a comunicare questa perversione quasi con leggerezza, attraverso la scena del piede nudo nelle mani del maturo professore; ha la capacità di mostrare le cose sotto una luce non convenzionale, spingendoci a interrogarci, a guardare le cose da altre prospettive, a costruire nuove consapevolezze: sta anche in questo la sua grandezza di regista.

 

Lolita (id.)
Regia: Stanley Kubrick
Distribuzione: USA-UK 1962 (b/n, 153 min.)

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