Non cercarla là fuori, la Cosa è seduta accanto a te – La Cosa (J.Carpenter, 1982)

del prof. Lucio Celot

Primo film della “trilogia dell’Apocalisse” insieme a Princess of Darkness e In the Mouth of Madness, The Thing è l’omaggio di Carpenter alla sci-fi degli anni ’50, quella degli alieni cattivi che vogliono invadere la Terra, metafora perfetta delle paure dell’americano medio durante la guerra fredda (ne abbiamo già brevemente parlato qui). È, in realtà, un omaggio “infedele” al celebre film del 1951 di Christian Nyby (e Howard Hawks, non accreditato) The Thing From Another World, a sua volta trasposizione altrettanto infedele del racconto del 1938 di John W.Campbell Who Goes There?. L’infedeltà del film di Nyby rispetto al racconto di Campbell sta nella rappresentazione dell’alieno, che nella pellicola è un essere gigantesco dalle fattezze antropomorfe ma con una struttura biologica simile a quella delle piante (motivo per cui viene affettuosamente ricordato dai cinefili come “il carotone…), mentre nel racconto di Campbell si parla di un organismo unicellulare che ha la capacità di mutare e assumere le fattezze di qualunque essere vivente con cui entra in contatto creandone un duplicato indistinguibile dall’originale: le possibilità del cinema agli albori dei ’50 non consentivano effetti che potessero restituire sullo schermo in modo credibile e davvero spaventoso le continue mutazioni dell’alieno. Per cui, quando alla fine degli anni ’70 si iniziò a pensare ad un remake che fosse fedele all’idea di Campbell, la scelta della produzione cadde su Carpenter, reduce dal successo al botteghino di Halloween (capolavoro del cinema indipendente e svolta storica per lo slasher movie), cui venne affidato un budget di quindici milioni di dollari (cifra che il regista non aveva mai visto neppure in sogno), in buona parte investiti negli effetti speciali della “cosa” e delle sue impressionanti metamorfosi.

La storia, nelle sue linee essenziali, è quella di un gruppo di dodici ricercatori americani di stanza in una base antartica che all’improvviso si trovano sotto la minaccia dell’organismo alieno mutaforma, la cui capacità di reduplicare esattamente qualunque essere vivente gli consente di moltiplicarsi all’infinito senza che l’occhio umano percepisca la differenza tra originale e imitazione: nel gruppo di ricercatori si diffonde immediatamente un clima di paranoia e sospetto, nessuno si fida più di nessuno, la “cosa” dimostra di essere un’entità intelligente che ha di mira la colonizzazione di tutto il pianeta. A poco o nulla valgono i tentativi messi in atto dall’esiguo gruppo di sopravvissuti per cercare di capire chi è rimasto umano e non lo è più; e il pirotecnico finale, per quanto aperto, non è per nulla consolatorio.

John Carpenter è autore “politico” per definizione, da cinquant’anni il suo cinema è una macchina critica che produce metafore sulla crisi dell’occidente e sulla menzogna del “sogno americano”, decostruito e smascherato impietosamente in tutti i generi che il regista ha frequentato; e non fa eccezione The Thing, uscito nelle sale nello stesso anno di E.T., che contrappone all’ottimismo spielberghiano l’autentico pugno allo stomaco costituito dalle trasformazioni della lovecraftiana “cosa”, che Carpenter non risparmia alla visione dello spettatore (cosa che invece facciamo noi qui, per non urtare le anime più sensibili…) nonché dalla rappresentazione di una condizione umana in cui non esistono più né solidarietà né reciproca fiducia, anche di fronte al pericolo comune. Se il racconto di Campbell faceva riferimento al pericolo nazista (siamo nel ’38); se nel film di Nyby e Hawks, nel pieno del conflitto ideologico tra USA e URSS, il gruppo di scienziati e militari cementava la propria coesione davanti alla minaccia aliena (leggi: il pericolo “rosso” e tutta la paranoia che ne derivava), all’inizio degli anni ’80 Carpenter ribalta completamente tutto l’assunto del filone della sci-fi postbellica, mostrando quanto si siano deteriorati i rapporti umani nell’epoca del reaganismo, del rampantismo e della deregulation economica, una situazione socio-economica che lo stesso regista non ha mai esitato a definire senza mezzi termini “fascista”.

La scelta di girare un film così “contro” e così esplicito nel mostrare le metamorfosi della “cosa”, così claustrofobico e pessimista, ovviamente non pagò, e fu un altro flop al botteghino, nonostante gli effetti speciali che costituirono, all’epoca, quanto di più alto potesse realizzare un cinema che, da quel punto di vista, era ancora “artigianale” (non esisteva ancora la computer grafica): il pubblico non apprezzò, o non volle vedere, la lucidità con cui Carpenter descriveva la “cosa” che si stava insinuando nella società occidentale, il virus dell’individualismo e dell’indifferenza che, come l’entità aliena, possiede gli uomini dall’interno, nemico invisibile e per questo difficile da combattere. La “cosa” è una forma informe, non sappiamo quale sia il suo aspetto originario, è tutto e niente e ha la capacità di sgretolare la comunità: il Male è dentro la cittadella, è inutile cercarlo altrove, si moltiplica, si mimetizza, assorbe e assimila il diverso, lo digerisce e se ne appropria, è il capitale nella sua forma più perfetta, quella che riesce a privarci della nostra umanità e a renderci dei “mostri”.

Ancora una volta, come già in Fuga da New York e come sarà per Grosso guaio a Chinatown, a Kurt Russell è affidato il ruolo dell’uomo solo che deve fare fronte alla minaccia e lottare per la sopravvivenza propria e dell’umanità intera, abbandonato dalle istituzioni e tradito perfino da suoi compagni, capace di ironia nell’ora decisiva e disponibile al sacrificio per la salvezza del prossimo, erede e continuatore, in questo, dei personaggi dei film di Sergio Leone e Clint Eastwood: un altro dei tratti di “riconoscibilità” di temi e stile che fa del Nostro un Autore a tutti gli effetti.

Uno spaventatissimo Kurt Russell a 40° sotto zero

Ah, un’ultima cosa: dopo questo film, non guarderete più un husky con gli stessi occhi, garantito…

La Cosa (The Thing)

Regia: John Carpenter

Distribuzione: USA 1982 (col., 109 min.)

Fonti:

F.Liberti, John Carpenter, Il Castoro Cinema 1997;

E.Trevisani, John Carpenter. Il regista da un altro mondo, NPE 2021

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