Hill House è ancora lì…e ti aspetta!

del prof. Lucio Celot
 

S.Jackson, The Haunting of Hill House (1959)

E.Hand, A Haunting on the Hill (2023)

 

[…] il silenzio si stendeva uniforme

contro il legno e la pietra di Hill House,

e qualunque cosa si muovesse lì dentro,

si muoveva sola.

(Shirley Jackson)

 

La maggior parte delle case dorme, e quasi tutte sognano […]

Hill House non dorme né sogna.

Hill House osserva. Hill House aspetta.

(Elizabeth Hand)

Il miglior libro dell’anno secondo “The New Yorker”, “The Washington Post” e “Harper’s Bazaar” non poteva sfuggire al Vostro Affezionatissimo, e per un motivo molto semplice: La Villa sulla Collina del libro di Elizabeth Hand  è nientemeno che Hill House, proprio lei, la haunted house del capolavoro di Shirley Jackson L’incubo di Hill House, su cui abbiamo speso già qualche parola a proposito della serie tv di Mike Flanagan che al romanzo della Jackson si ispirava. Maestra dell’horror universalmente riconosciuta e venerata da una schiera di scrittori, tra cui Sua-Maestà-Il-Re, la scrittrice americana (di cui Adelphi ha in corso di pubblicazione l’opera completa) ha lasciato un segno indelebile nella letteratura con i suoi romanzi e i racconti all’insegna del perturbante e dell’horror psicologico: oltre al già citato Hill House, ricordiamo anche Abbiamo sempre vissuto nel castello, il racconto La lotteria e, ultimo pubblicato in Italia, La strada oltre il muro. Più di sessant’anni dopo, con il benestare degli eredi della Jackson, la Hand ha scritto un romanzo in cui ha ripreso e rielaborato il cuore della narrazione originale, quello della Casa “abominevole e infetta” che influisce lentamente ma inesorabilmente sulla psiche dei suoi abitanti. Anche nel romanzo della Hand il confine tra realtà e soprannaturale sfuma, e Hill House continua a essere il personaggio centrale, che manipola le emozioni e le percezioni dei suoi occupanti.

***

            Nel romanzo della Jackson, pubblicato nel 1959, uno scienziato americano studioso del paranormale, il dottor Montague, riunisce in una vecchia casa vittoriana che ha fama di essere infestata da oscure presenze (haunted, appunto) altre quattro persone per condurre un esperimento sulle presunte attività sovrannaturali dell’edificio: Eleanor Vance, una trentenne fragile e solitaria segnata da un’esistenza dedicata a prendersi cura della madre malata; Theodora, contraltare di Eleanor, estroversa, solare e vitale; Luke, erede della famiglia proprietaria della casa, invitato all’esperimento per verificare che la casa non venga danneggiata; infine, si aggrega al gruppo anche la moglie di Montague, una donna altera e presuntuosa che ha la pretesa di comunicare con gli spiriti dei defunti. Eleanor è stata invitata da Montague a causa di un misterioso evento soprannaturale avvenuto nella sua infanzia e su di lei la casa sembra esercitare un fascino e un’attrazione tanto inspiegabili quanto irresistibili. Mentre Montague svolge i suoi esperimenti e tra Eleanor e Theodora si sviluppa una relazione fatta di attrazione e tensione allo stesso tempo, Hill House, la vera protagonista del romanzo, entità maligna e distorta con le sue strane stanze e “angoli impossibili”, vive di vita propria e inizia a mettere a dura prova la psiche degli occupanti (rumori insopportabili, finestre percosse violentemente, muri e porte sbattute con forza, improvvise e gelide correnti d’aria). Fantasmi veri? Allucinazioni collettive? Autosuggestione? La Jackson, che aveva fatto propria la lezione di Edgar Allan Poe e del James di Giro di Vite, associa la paura non più al mostruoso o al sovrannaturale ma agli insondabili misteri dell’io e della psiche, rendendo così Hill House il perfetto ponte tra gotico e horror del ventesimo secolo.

La prosa elegante e raffinata della Jackson è abilissima nel creare atmosfere cariche di tensione costante e nell’uso sapiente del non detto che lascia, così, ampio spazio all’immaginazione del lettore; ma la forza del romanzo è soprattutto nel ritratto di Eleanor, una donna che si è finalmente liberata dall’oppressione familiare e borghese e spera in una rinascita proprio a partire dall’esperienza di socializzazione a Hill House. Alla ricerca della propria identità, Eleanor trova pienamente se stessa e realizza il desiderio di sé (accudire qualcuno, avere una casa propria: io non me ne vado, e Hill House è mia, dice Eleanor nelle battute finali del libro) nel rapporto con lo spirito malsano della Casa, la cui ferrea volontà guiderà l’ultimo atto dell’esistenza della ragazza.

Hill House nel film di Robert Wise The Haunting (1963)

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Non era facile confrontarsi con un modello così “alto” letterariamente parlando ma si può dire che, tutto sommato, la Hand ha vinto la sfida. La Villa sulla Collina restituisce al meglio l’atmosfera perturbante creata dalla Jackson riducendo al minimo (giusto una frase che passa quasi inosservata) i riferimenti all’originale e mantenendo ben viva la caratteristica fondamentale dell’inquietante magione, ovvero non tanto il suo essere “posseduta” da una qualche entità ma, piuttosto, la sua diabolica capacità di mettere chi la abita davanti a se stesso, alle proprie insicurezze e meschinità, al proprio inconfessabile rimosso. È quello che accade a Holly, una drammaturga che tenta il successo con una storia gotica (La Notte delle Streghe, guarda un po’, dramma storico in chiave femminista), alla sua compagna Nisa (cantante talentuosa), a Stevie (il tecnico del suono della compagnia) e a Amanda, vecchia gloria del teatro in cerca di riscatto. Il gruppo decide di affittare Hill House, casualmente scoperta da Holly (ma sarà stato davvero un caso???) per un paio di settimane, giusto il tempo perfezionare la scrittura della pièce, fare qualche prova insieme, consentire a Stevie di registrare un po’ di suoni dell’ambiente circostante da utilizzare nella messa in scena. Come per Montague e i suoi ospiti sessant’anni prima, anche la permanenza di Holly e della sua compagnia teatrale durerà poco, funestata nell’arco di due giorni da presenze inquietanti, rumori inspiegabili e una nursery che non è quello che sembra. Quando uno dei componenti del gruppo scompare misteriosamente, Holly decide, suo malgrado, che è ora di lasciare la casa, anche sotto una pericolosissima tormenta di neve.

            Il tempo passa, Hill House non cambia: è spietata, impietosa, non fa sconti a nessuno nel mostrare gli orrori che ci portiamo dentro e che ci sforziamo di “ripulire” con l’immagine di noi stessi che costruiamo nell’epoca dei social. La capacità della Jackson di “vedere” oltre l’ipocrisia del perbenismo, delle convenzioni e della violenza delle liturgie sociali rende la lettura dei suoi libri, tra tutti Hill House, un’esperienza salutare per chi voglia fare i conti con i propri demoni. E non dite che non ne avete…

Un ritratto di Shirley Jackson (1916-1965)

Shirley Jackson, L’Incubo di Hill House, Adelphi 2004

Elizabeth Hand, La Villa sulla Collina, astoria 2024

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